Credo che assieme a “microbiota” una delle parole più utilizzate negli ultimi anni sia probiotici. Ma cosa sono i probiotici? A che servono? E i prebiotici invece? Come influiscono i trattamenti antibiotici sulla salute di cane e gatto? vediamolo assieme perché avere le risposte a queste domande è davvero fondamentale per mantenere in salute i nostri Amici!
“Fa che il cibo sia la tua medicina e la medicina il tuo cibo” come diceva Ippocrate. Mai la scienza è stata più vicina a comprendere il perché di questa importantissima relazione fra alimenti e salute, valida nell’essere umano come in cane e gatto. Probabilmente la chiave di tutto sta proprio lì, nel nostro e loro intestino, sulla cute e sulle superfici mucose e si chiama MICROBIOTA.
Cosa si intende per microbiota? Il microbiota è quell’insieme di microrganismi (batteri soprattutto, ma anche virus, miceti e protozoi) che vive in simbiosi con noi e con i nostri Amici cane e gatto. A dire il vero potremo quasi dire il contrario, vale a dire che siamo noi a vivere in simbiosi con loro, essendo mediamente 10mila volte più numerosi di tutte le cellule del nostro corpo! Questi microrganismi vivono su ogni superficie del nostro e loro corpo, cute e mucose, ma sopratutto – nella maggior quantità e con la maggiore differenziazione di famiglie – vivono nel piccolo e grande intestino (Leggi qui articolo completo sul microbiota intestinale).
Negli ultimi anni la ricerca sul microbiota è letteralmente esplosa. In particolare si studia il genoma dei microrganismi, denominato nel suo insieme microbioma, nonché i loro metaboliti, definiti metaboloma. Ogni giorno escono nuove ricerche, sia in campo veterinario che umano, che mettono in correlazione il microbioma con le più svariate patologie: morbo di Crhon, Diabete, Parkinson, Alzheimer, svariati tipi di cancro, patologie dermatologiche e comportamentali, obesità.. insomma, davvero un po’ tutto. Sembra che questa enorme varietà di microrganismi che vivono su tutte le nostre superfici, esterne o apparentemente interne come nel caso dell’intestino, sia fondamentale quindi per mantenere la salute e ogni sua alterazione è correlata con lo sviluppo di patologie.
Ecco quindi perché modulando questo microbioma possiamo davvero influire sulla nostra e loro salute. E torniamo al punto di partenza: “fa che il cibo sia la tua medicina“. Sì, perché ovviamente il primo mezzo per dialogare con questi esseri minuscoli e tanto utili è proprio l’alimentazione. Quando parleremo di epigenetica (prima o poi ne avrò tempo) questo discorso apparirà ancora più chiaro.
Per questo post vorrei invece focalizzarmi, al di là dei singoli alimenti o ai vari tipi di dieta disponibili per i nostri cani e gatti, su i prebiotici, i probiotici e – ancora una volta – sull’uso corretto degli antibiotici.
Eubiosi e disbiosi: un concetto importante da comprendere
Negli anni passati ci si riferiva spesso, parlando di microflora intestinale, sia in ambito umano che animale, a “batteri buoni” e “batteri cattivi”.
Sarebbe ora di abbandonare questa definizione riduzionista. Dobbiamo comprendere che non esistono i buoni e i cattivi, bensì un delicato equilibrio di cui fanno parte specie di cui conosciamo l’utilità (es. batteri lattici di vario tipo) assieme a specie patogene (es. Giardia, Clostridium perfringens), che NON fanno alcun tipo di danno fintanto che l’organismo è in equilibrio e di cui non possiamo virtualmente escludere una funzione.
Questo delicato equilibrio viene definito EUBIOSI e rappresenta l’opposto di una DISBIOSI. Siamo all’inizio della ricerca in questa direzione, per cui ancora non abbiamo una conoscenza profonda di quello che è l’equilibrio di microbiota migliore per la salute di cane e gatto, ma certamente nei prossimi anni la ricerca ci darà sempre maggiori risposte. Diffidate per il momento delle risposte facili quindi.
PREbiotici: il corretto alimento per “loro”
Vengono comunemente definiti prebiotici tutti quegli alimenti che, a fronte magari di una sostanziale inutilità per l’organismo nei termini di diretto utilizzo, sono invece particolarmente utili alla microflora intestinale. Un prebiotico è quindi un alimento per il microbiota intestinale, ovviamente inteso a regolare le popolazioni presenti verso uno stato di equiibrio. Banalmente potremo dire che “fanno crescere i batteri buoni”, ma come abbiamo detto questa definizione non ci piace particolarmente. In ogni caso, attualmente la maggior parte dei prebiotici in commercio, sono intesi per la crescita delle popolazioni di batteri lattici, comunemente considerati “i buoni”.
Sono prebiotici soprattutto svariati tipi di fibre, non utilizzabili dall’organismo, per questo ne avevamo già parlato nell’articolo dedicato alla fibra. Sono prebiotici fantastici quindi ad esempio l’inulina, contenuta in grande quantità nella cicoria, i FOS e i MOS (oligosaccaridi, quindi zuccheri). Ha un’azione prebiotica anche l’amido resistente (resistant starch in inglese), vale a dire la nostra famosa pasta scotta e raffreddata rapidamente, il cui amido risulta quindi assolutamente indigeribile sia per noi che per i nostri carnivori e che perì in piccole quantità è ottimo per ristabilire il corretto equilibrio intestinale (vedi qui il discorso cottura dell’amido).
Il bello di queste molecole in particolare è che non ne servono alte concentrazioni per modificare l’ambiente intestinale. In questo senso il lavoro con i prebiotici è un lavoro molto fine, che richiede tempo, ma che ha sicuramente maggiori benefici nel lungo periodo, avendo come obbiettivo quello di ristabilire l’eubiosi di quel particolare intestino. Mentre come vedremo quindi i PRObiotici sono assolutamente sintomatici, nella stragrande maggioranza dei casi, essendo quindi utili al trattamento soprattutto dei sintomi, i PREbiotici hanno un effetto più profondo. Potremo non vedere nulla sul momento oppure potremo persino veder peggiorare la sintomatologia intestinale (es.diarrea), a fronte di benefici nel lungo periodo.
PRObiotici: microrganismi vivi e efficaci
I più conosciuti, spesso valutati come “acqua fresca”, i probiotici sono (o dovrebbero essere) microrganismi vivi e funzionali che una volta ingeriti andrebbero a colonizzare l’intestino, riportandolo in equilibrio. Come notate sto utilizzando il condizionale, per vari motivi. Vediamo cosa si intende attualmente per probiotici, quali tipologie sono commercializzati nel nostro Paese e quali dovrebbero essere le loro caratteristiche ideali.
Probiotici nella pratica clinica
I probiotici sono attualmente definiti come “microrganismi vivi che quando somministrati nella giusta quantità hanno un effetto benefico per la salute dell’ospite” (WHO/FAO 2002). È davvero il caso che ci si soffermi su questa definizione, dato che la maggior parte delle volte viene in effetti disattesa.
Consideriamo prima di tutto quello che l’OMS definisce “effetto benefico“. Questo effetto deve essere o dovrebbe essere misurabile e in quanto tale riportato nella letteratura scientifica. Potrebbe essere un effetto benefico inteso come prevenzione di una patologia, trattamento quando questa fosse già in corso oppure mantenimento di uno stato di remissione dei sintomi. La prima brutta notizia è però che attualmente quasi nessun prodotto in commercio presenta questo requisito. Mancano studi clinici sia in medicina umana che in medicina veterinaria. La maggior parte delle volte il ceppo batterico viene scelto in base a questioni puramente “tecnologiche”, cioè “se è in grado di resistere all’acidità dello stomaco ed è un batterio lattico..beh farà bene no?“, questo è a spanne il ragionamento. Sono certa che non è esattamente quello che voi e io intendiamo per studi clinici di dimostrata efficacia.
Alcuni prodotti per fortuna però fanno eccezione e possono dimostrare una bibliografia più o meno ampia di successi terapeutici. Dimenticate quindi di andare in farmacia e prendere quelli che costano meno o quelli il cui nome conoscete da una vita. La scelta deve essere accurata.
Probiotici: effetti clinici che dipendono dal ceppo batterico e dalla dose
A seconda del CEPPO batterico o dei ceppi batterici presenti all’interno del prodotto, gli effetti benefici potrebbero essere anche molto diversi. Come dire che ciascuno, là dentro, gioca un ruolo specifico. Premesso come detto all’inizio che siamo solo al principio delle nostre conoscenze e che quindi potrebbero venire fuori altre importantissime scoperte, ad oggi conosciamo già alcuni di questi “compiti” (si vede a tal proposito lo studio di Thomas e Versalovic del 2010 che trovate sotto in bibliografia). Ad esempio, alcuni ceppi batterici se dati per bocca possono fungere da “occupatori di posto” escludendo i patogeni. Questo significa che non permettono ai batteri patogeni di “rimanere sul tram”, ma li obbligano piuttosto, non trovando siti da occupare, a transitare velocemente per poi fuoriuscire definitivamente con le feci.
Altri possono avere un ruolo più attivo, producendo e secernendo sostanti anti-microbiche che regolano la microflora intorno a loro, oppure avere un effetto anti-tossine. Alcuni probiotici hanno dimostrato di riuscire a modificare la flora microbica residente, fatto non di poco conto se si considera quanti cani e gatti sono ormai affetti da disbiosi croniche, evidenti in episodi alternanti di diarrea o sintomi digestivi di vario tipo e che possono sfociare anche in patologie infiammatorie grave come l’IBD (Inflammatory Bowel Disease, Malattia infiammatoria intestinale – termine un filo desueto, ma certamente ampiamente conosciuto, per indicare il gran calderone delle patologie infiammatorie croniche intestinali da causa “sconosicuta”).
Sicuramente poi, e questo ci intressa ancora di più, alcuni componenti del microbiota, possono avere effetti immunomodulanti, regolando cioè il sistema immunitario dell’ospite. Pensate alle patologie autoimmuni: che ruolo enorme dovrebbe avere l’alimentazione, magari correlata a un buon probiotico.
Un altro concetto molto importante quando approcciamo il mondo dei probiotici nella clinica è quello di DOSE . Se infatti consideriamo che nell’intestino risiedono circa 100 trilioni di batteri, vale a dire 100 x 1018 (misurati in realta come UFC, unità formanti colonia, ma facciamola semplice), con una densità ad esempio nel colon di un cane di 109–1010 UFC per ogni grammo di contenuto intestinale, possiamo davvero renderci conto di come una terapia fatta con un prodotto commerciale contenente uno o al massimo 8 milioni ( 106 ) di UFC , possa essere paragonata a David contro Golia.
I probiotici con prove cliniche di efficacia si aggirano su ordini di grandezza di 120 – 225 ×109per dose somministrata (fra 3 e 4 grammi totali in genere). Se vi sembrano solo pochi zeri in più, provate a immaginare la differenza fra un regalo di compleanno da 1 euro o uno di 225mila euro (!!!). Io personalmente opterei per il secondo ? . Nonostante questo, certo, rispetto al contenuto intestinale di batteri residenti, rimane sempre una goccia nel mare. Ha qualche possibilità in più però di essere una goccia efficace.
Un’altro concetto molto importante è l’idea del MULTI-CEPPO o mono-ceppo. Come abbiamo detto, diverse famiglie batteriche hanno effetti diversi sull’intestino. Per questo personalmente tendo a preferire i probiotici multiceppo, quindi quelli con diverse famiglie microbioche contenute nello stesso prodotto (ovviamente a fronte di prove di efficacia clinica).
Abbiamo un solo piccolissimo problema però: in tutta Europa un solo ceppo batterico è autorizzato per la commercializzazione di probiotici per cane e gatto (Enterococcus faecium, probabilmente vi è capitato di leggerlo su un’etichetta prodotto). Questa, seppure sia una norma ovviamente a carattere cautelativo sulla salute umana, è purtroppo però enormemente restrittiva per le ditte che producono per cani e gatti, che si vedono limitate le possibilità di azione in modo drastico. Ma.. e tutti gli altri prodotti allora vi starete chiedendo? Perché in realtà in commercio potete trovare anche altri ceppi o famiglie microbioche. Tutti gli altri prodotti o sono fuori legge e la ditta incrocia le dita che dopo tutto su un integratore alimentare i controlli non siano moltissimi, oppure sono microrganismi spenti, cioè uccisi. La norma europea parla infatti di microrganismi VIVI, ma lascia la possibilità di inserire qualsivoglia famiglia se trattata in modo da inattivarla.
Ma è una frode allora vi direte? Non proprio, perché in realtà anche microrganismi morti possono avere un effetto (uso il condizionale eh..!) sul sistema immunitario dell’ospite, stimolando una risposta immunitaria adeguata che a sua volta potrebbe (condizionale sempre) influire sulla patologia. Certo però è frode se vengono commercializzati come probiotici, essendo per definizione questi prodotti contenenti microrganismi vivi. Avete intuito che mondo ci sta dietro dei “semplici probiotici”? Bene! Questo è solo un super riassunto!
I probiotici possono avere quindi, se ben utilizzati, del giusto tipo e nella giusta quantità, dimostrati effetti antiinfiammatori, immunomodulanti e persino antiproliferativi. Un mondo da conoscere davvero!
Antibiotici: un appello per diminuire queste molecole contro la vita
Antibiotico in fondo, per definizione, significa CONTRO la vita. Denominazione interessante a mio parere, dato che quando è stata forgiata a seguito della scoperta della penicillina nel 1928 da parte di Alexander Fleming, si intendeva (e sempre si è inteso) che il loro obbiettivo fossero i microrganismi patogeni. In realtà però, tenendo contro delle recenti scoperte che riguardano il microbioma intestinale e i suoi importantissimi ruoli nella modulazione del sistema immunitario e nel mantenimento della salute dell’ospite, forse questo “contrario alla vita” è riferito contrario alla NOSTRA vita e a quella dei nostri Animali. Vi spiego cosa intendo.
Ogni qual volta somministriamo antibiotici per bocca o che applichiamo spray, unguenti o altro con proprietà antibiotiche, noi stiamo andando (a meno di resistenze) ad eliminare le poche famiglie batteriche o fungine patogene, ma stiamo anche distruggendo in modo non selettivo la flora microbica “buona” circostante. Uno studio del 2014 di Igarashi e colleghi dimostra come dopo una singolo ciclo antibiotico, la flora microbica impiega più di un mese per tornano simili all’inizio dopo più di un mese. Secondo dati del Prof. Jan Suchodolski, uno dei maggiori esperti mondiali di microbiota del cane e del gatto, il recupero non solo è lento, ma non sempre avviene. Questo dopo un singolo ciclo. Non abbiamo dati attualmente in medicina veterinaria, ma in umana sembrerebbe che gli effetti più devastanti sul microbiota, con effetti visibili nel lungo periodo, senza contare il gravissimo problema di antibiotico resistenza che stiamo vivendo negli ultimi anni, in medicina veterinaria, ma soprattutto in umana (6000 morti ogni anno in Italia a causa dell’antibiotico resistenza e 37mila in Europa).
Se poi dovessi dire la mia opinione, credo che questo sia solo all’inizio. Sta cadendo un velo: abbiamo usato troppo questi farmaci, a volte considerandoli talmente sicuri da non mettere nessun contro sul piatto della bilancia, a volte valutando gli effetti collaterali come un “male necessario”, ma mai davvero considerando gli effetti nel lungo periodo. Insomma, non sto qui a tediarvi perché ci sarebbe tantissimo da dire, ma voglio davvero rinnovare l’appello (anche da parte mia, come se non bastassero tutte le istituzioni della sanità, dall’OMS in giù) ad un utilizzo parco di queste molecole.
Lavorare senza antibiotici nella pratica clinica veterinaria
Come si fa? Beh, del tutto senza sicuramente no, ma a mio parere si potrebbe ridurne l’uso di una discreta percentuale.
Vediamo come farlo, dal punto di vista di un proprietario di Animale. Sì, perché tante persone mi dicono “ma non sono mica io che decido”. Solo parzialmente vero. Certo, è vero che sceglie il collega medico veterinario che vi segue ed è assolutamente giusto che sia così. È il suo lavoro e lui/lei sa quali sono i reali rischi. Voi però potete porre la fatidica domanda “è proprio necessario l’antibiotico?”. Vi assicuro che in una buona percentuale di casi, il collega sapendo che voi non volete utilizzarli, ci penserà due volte prima di prescriverli. Ma allora perché li prescriviamo direte? “Brutti brutti cattivi questi medici veterinari!” .. no!
Molte volte li prescriviamo perché pensiamo di avere di fronte il cliente che vuole la risposta pronta e veloce. Li prescriviamo perché una diarrea al centro di Roma può essere una vera emergenza per un proprietario, perché magari sta fuori 12 ore di casa e non ha voglia di raccogliere cacche acquose al rientro. Perché negli ultimi anni purtroppo avete selezionato (voi clienti intendo) la nostra categoria soprattutto in base al prezzo. E più si è economici, più ore si deve lavorare per vivere. Più si deve lavorare, meno tempo si ha per star dietro a sintomi banali, per aiutarvi a risolverli con un pochino più di fatica da parte sia vostra che nostra. Più si lavora e meno tempo si ha per formarsi. Insomma: chiedete! E se la risposta non vi convince e per ogni banale affezione dei vostri Amici vi vengono prescritte molecole antibiotiche.. siete sempre liberi di cambiare medico veterinario.
Per i colleghi: non sono qui a dar lezioni a nessuno, lungi da me, ma vi sottopongo qualche studio interessante per rifletterci su (sotto trovate la bibliografia degli studi citati. Nell’uomo è stato da qualche anno riconosciuto come il trattamento con antibiotici, specialmente alcuni (metronidazolo), specialmente se ripetuto e/o durante l’infanzia è correlato con lo sviluppo di IBD (morbo di Crohn) (Ungaro e colleghi 2014), diabete di tipo I (Mikkelsen e colleghi 2017), obesità (diversi studi fra cui ad esempio Saari e colleghi 2015). Molti di noi hanno già limitato l’utilizzo, anche pre e post chirurgico degli antibiotici. Un paio di studi molto recenti che trovo particolarmente interessanti sono quelli del gruppo di Unterer dell’Università di Monaco in Germania. Una delle patologie dove infatti quasi tutti noi usiamo (o usavamo) gli antibiotici è in caso di diarrea emorragica. Detto in soldoni, ancora mi rimbombano le parole del professore di Clinica Medica nelle orecchie “se il sangue può uscire e andare nell’intestino è perchè la barriera intestinale è abbastanza lesionata da permettere potenzialmente il passaggio di batteri nel sangue e nei tessuti dell’ospite”. Se anche voi ricordate lo stesso, sarà interessante scoprire invece che dagli studi condotti da questo gruppo non vi è differenza statistica di batteriemia fra soggetti sani e soggetti con enteriti emorragiche anche molto gravi (Unterer e colleghi 2015). Solo qualche anno prima, lo stesso gruppo pubblica uno studio dove dimostra che non vi è differenza statistica nel risultato clinico in corso di diarrea emorragica (senza batteriemia) fra gruppo trattato con antibiotico e gruppo non trattato, cui viene fatta solo terapia di supporto (Unterer e colleghi 2011). Potrebbe quindi essere che persino in condizioni dove – fino a relativamente poco tempo fa – ci hanno insegnato che gli antibiotici fossero indispensabili, forse potremmo farne a meno. Non usiamo gli antibiotici in modo “profilattico”, come ci insegnavano alcuni anni fa. Non ha senso e rischiamo solo di far danni.
Riassumendo: usi possibili probiotici per cane e gatto
Per dare un’idea queste sono alcune delle possibilità dove l’utilizzo di un buon probiotico può fare la differenza. Alcune volte si tratta di prevenzione di patologie, per cui su quello come proprietari vi potete sentire di avere carta bianca. Nel trattamento delle patologie acute o croniche ricordate al contrario di non fare di testa vostra, ma di farvi seguire da un bravo medico veterinario.
- Diarrea da stress (prevenzione o trattamento): tutte quelle volte in cui prevedete di dover affrontare un momento di stress con il vostro Amico, come ad esempio un viaggio, magari in aereo o nave, una gara, un intervento chirurgico, un ricovero per altro motivo (es, misurazione della curva glicemica), ricordatevi di iniziare il trattamento con i probiotici qualche giorno prima (7 almeno). Lo stress causa infatti alterazioni del microbiota, causa ed effetto della diarrea da stress. Se la causa stressogena non può essere prevista, cominciate anche a posteriori il trattamento. Sarà forse meno efficace, ma meglio di nulla.
- Cambi di dieta: l’inizio di una dieta fresca, casalinga o BARF che sia, un cambio di regime alimentare dovuto alle vacanze, svezzamento dei cuccioli, tutti buoni motivi per aggiungere probiotici alla dieta.
- Diarrea non specifica, senza complicazioni secondarie: premesso che la presenza o meno di complicazioni deve stabilirla un medico veterinario, se la diarrea dovesse insorgere SENZA sintomi generali come abbattimento, debolezza, mancanza di appetito, se quindi vedete il vostro Amico che ha feci molli, ma si mantiene attivo e famelico, sicuramente aggiungere dei fermenti è una buona idea. Passo successivo portarlo a visitare ovviamente.
- Enteropatie croniche: in combinazione alla dieta un buon trattamento probiotico può essere davvero molto efficace, sia per i casi lievi (dove risolve del tutto) che per quelli gravi, dove in genere migliora almeno la sintomatologia.
- Diarrea da antibiotici: bene, qui siamo sul banale magari, ma mai, mai, mai somministrare un antibiotico, anche necessario, senza un’adeguata terapia probiotica di supporto. Se avete modo di pianificare il momento (es. sapete che il vostro Amico dovrà affrontare una chirurgia e immaginate che sarà somministrato antibiotico successivamente), anche in questo caso l’idea migliore è cominciare da 7 a 14 giorni prima. Se invece, come spesso capita, l’antibiotico viene dato per un fatto acuto e improvviso (un morso di un altro cane o gatto, un incidente etc.), somministrate fermenti il prima possibile. Un’ultima accortezza: dateli lontani dall’antibiotico. Quindi se somministrate antibiotico la mattina dateli nel pasto della sera; se l’antibiotico dovete darlo mattina e sera, dateli a pranzo. Altrimenti dandoli troppo ravvicinati state sterminando i vostri fermenti vivi, di fatto inficiando la loro efficacia e.. buttando soldi.
Buon pre&probiotico a tutti! So di essermi dilungata troppo, scusatemi. L’argomento mi sta molto a cuore e non ho il dono della sintesi ?
FONTI:
- WHO (2002), Guidelines for the Evaluation of Probiotics in Food, http://www.who.int/foodsafety/fs_management/en/probiotic_guidelines.pdf
- Suchodolski, J. (2017), Appunti Master di Nutrizione
- Thomas, C.M. and J. Versalovic, Probiotics-host communication: Modulation of signaling pathways in the intestine. Gut Microbes, 2010. 1(3): p. 148-63.
- Rossi, G., et al., Effects of probiotic bacteria on mucosal polyamines levels in dogs with IBD and colonic polyps: a preliminary study. Benef Microbes, 2017: p. 1-10.
- Gourbeyre, P., S. Denery, and M. Bodinier, Probiotics, prebiotics, and synbiotics: impact on the gut immune system and allergic reactions. J Leukoc Biol, 2011. 89.
- Rossi, G., et al., Comparison of Microbiological, Histological, and Immunomodulatory Parameters in Response to Treatment with Either Combination Therapy with Prednisone and Metronidazole or Probiotic VSL#3 Strains in Dogs with Idiopathic Inflammatory Bowel Disease. PLoS ONE, 2014. 9(4): p. e94699.
- Hooda, S., et al., Current state of knowledge: the canine gastrointestinal microbiome. Anim Health Res Rev, 2012. 13(1): p. 78-88.
- Igarashi, H., et al., Effect of oral administration of metronidazole or prednisolone on fecal microbiota in dogs. PLoS One, 2014. 9(9): p. e107909. – link articolo qui
- Ungaro, R., et al., Antibiotics associated with increased risk of new-onset Crohn’s disease but not ulcerative colitis: a meta-analysis. Am J Gastroenterol, 2014. 109(11): p. 1728-38.
- Saari, Antti, et al. “Antibiotic exposure in infancy and risk of being overweight in the first 24 months of life.” Pediatrics 135.4 (2015): 617-626.
- Unterer, S., et al., Prospective study of bacteraemia in acute haemorrhagic diarrhoea syndrome in dogs. Vet Rec, 2015. 176(12): p. 309.
- Unterer, S., et al., Treatment of aseptic dogs with hemorrhagic gastroenteritis with amoxicillin/clavulanic acid: a prospective blinded study. J Vet Intern Med, 2011. 25(5): p. 973-9.