Prendendo spunto dalla relazione che ho portato al 7° Congresso SIOV a Bologna pochi giorni fa, vorrei parlarvi stasera della stretta connessione presente fra intestino e cervello e di come modifiche alla dieta possano avere ripercussioni, in positivo o in negativo, su una patologia complessa come l’epilessia. Stuzzica? ? Avanti!
La stretta connessione fra intestino, microbiota che lo abita e sistema nervoso rappresenta senza alcun dubbio uno dei temi di ricerca più eccitanti degli ultimi anni. Le ricerche si moltiplicano in modo esponenziale, ovviamente il modo maggiore in campo umano, ma anche in Medicina Veterinaria, rendendo il tutto davvero..spumeggiante! Vediamo assieme cosa sia, secondo le attuali conoscenze, l’epilessia idiopatica del cane e quali siano le possibili indicazioni dietetiche da utilizzare in affiancamento (o meglio ancora prima) della terapia.
Crisi convulsive nel cane: cause e diagnosi differenziali
Prima di tutto cosa sono le crisi convulsive, comunemente sovrapposte all’epilessia. La definizione è medica è quella di
attività parossistiche, eccessive, disordinate, afinalistiche, spesso autolimitanti a cui sono associate un’enorme varietà di manifestazioni cliniche dipendenti dalla estensione e dalla localizzazione dell’area cerebrale coinvolta.
Le crisi convulsive possono avere manifestazioni anche molto diverse nel cane e nel gatto, a seconda della localizzazione encefalica della zona colpita da questa attività parossistica. In campo medico vengono divise in crisi focali, parziali o generalizzate. Anche se credo che quando si parli di epilessia la prima immagine che viene in mente è quella di un Anima-le riverso, senza conoscenza, con crampi, spasmi e magari bava alla bocca, una manifestazione del genere è in effetti tipica di una crisi generalizzata (chiamata Grande Male, mutando il termine dall’umana). Chi ha la sfortuna però di avere un’esperienza personale di crisi epilettica sa che non sempre la crisi a questo aspetto. Molte volte il cane o il gatto rimangono almeno parzialmente vigili, addirittura possono rispondere se chiamati, manifestando un’enorme variabilità di sintomi, arrivando a poter essere confuse con semplici crampi o vertigini. Indovinate chi deve essere la vostra figura di riferimento per fare diagnosi? ? Ovviamente il vostro Vet, in alcuni casi potrebbe essere necessario la consulenza di un neurologo.
Attenzione perché come accennavo sopra, troppo spesso crisi convulsiva viene preso come un sinonimo di epilessia. Questo non è sempre vero. Diverse cause intra o extra craniche possono dare origine a crisi convulsive. Alcune delle più comuni sono ad esempio insufficienza epatica o renale (con conseguente accumulo di tossine), alcuni disturbi metabolici, intossicazioni di varia natura (ad esempio caffè e cioccolato), parassiti intestinali, tumori o patologie congenite e molte altre ancora. Per arrivare ad essere certi dunque che non vi siano altre cause da trattare come terapia sarà necessario un percorso ad hoc che escluda tutte queste diagnosi differenziali (quando penso a diagnosi difefrenziali penso sempre al Dr.House e alla sua fantomatica lavagnetta). Una volta appurato che non vi sono malattie concomitanti e causanti le crisi che andiamo ad osservare
Dalla diagnosi alla terapia: non ci dimentichiamo della dieta!
Una volta certi che non ci siano altri problemi da trattare in precedenza, probabilmente il vostro Vet vi proporrà una terapia farmacologica per l’epilessia. Non abbiamo attualmente un grande ventaglio di possibilità terapeutico, dobbiamo dirlo, per la Medicina ufficiale. Anzi, a dire il vero le terapie sono spesso deprimenti, sia per il Vet, che per voi e il vostro Amico. In ogni caso, soprattutto quando le crisi sono molto ravvicinate, devo dire che non si ha molta scelta: le crisi sono estremamente provanti per l’organismo! Non si hanno molte possibilità, a parte i classici farmaci, se non .. contattare con un Vet Omeopata! ?
L’aspetto dietetico, centrale per il nostro post, viene troppo spesso lasciato come ultima possibilità. Mentre in medicina umana questo ha (forse) una ragione, in Veterinaria non ha davvero alcun senso lasciare come ultima, ultimissima (forse) porta a cui bussare quella che è – a mio parere – la più facile da aprire in realtà. La dieta è infatti maneggevole, appetitosa, non ha effetti collaterali (a differenza dei farmaci), non sopprime le attività cognitive e relazioni del nostro Amico e sicuramente potrà solo migliorare la sua qualità di vita. Vediamo assieme quali sono le possibilità e le motivazioni più plausibili per cui la dieta può migliorare lo stato epilettico.
Dieta e epilessia: dall’uomo agli Anima-li
Quando ho preparato la relazione per la SIOV sono andata per curiosità a cercare su Pubmed (un motore di ricerca per gli articoli scientifici – il Google de noantri scienziati in erba come dire ? ) quanti articoli scientifici venissero trovati digitando “epilepsy diet”. Risultato? 2160 articoli scientifici più o meno connessi con questo argomento. Cercando lumi su “Epilepsy diet dog” ne ho trovati solo 32 (di cui 4-5 realmente attinenti), mentre per il gatto solo 11 articoli (di cui nessuno realmente attinente). Morale? Come sempre in Medicina Veterinaria ci troviamo un passo indietro rispetto all’Umana, ma qualche studio è già stato fatto e questo è un buon punto di inizio.
Facendo un passo indietro nella storia, il digiuno è conosciuto da millenni come terapia per l’epilessia. L’uso del digiuno in tempi moderni risale invece all’inizio del ‘900 quando si ipotizzò che gli effetti positivi fossero legati alla produzione di chetoni come acetone, acido acetico etc. Per questo venne sviluppata una dieta definita dieta chetogenica.
La dieta chetogenica è quindi regime dietetico che mira a mimare in qualche modo la fase di digiuno, inducendo la produzione di corpi chetonici, che vengono utilizzati dal cervello come fonte di energia, al posto dello zucchero. Nell’uomo, dove è maggiormente studiata, una dieta chetogenica è sostanzialmente molto, molto ricca di grassi (circa l’87% delle kcal giornaliere proviene dai grassi), con un adeguato apporto di proteine e un bassissimo apporto di zucchero. Per darvi un’idea un rapporto classico di dieta chetogenica è 4:1 o 3:1 dove 4 o 3 sono i grassi, 1 è la somma di proteine + carboidrati: una roba allucinante e in effetti il motivo per cui la terapia dietetica viene lasciata come ultima spiaggia, essendo una dieta del genere molto difficile da digerire oltre che poco appetibile!
Fra i grassi, quelli maggiormente utilizzati sono i cosiddetti PUFAs (acidi grassi polinsaturi) a lunga catena e i MCT (trigliceridi a media catena). Questi ultimi in particolare sembrano giocare un ruolo importante nella riuscita della nostra terapia dietetica, probabilmente proprio grazie alla loro attività protettiva e rigenerativa sulla mucosa intestinale. Alcuni complementi dietetici indicati anche in Umana, sono gli acidi grassi essenziali Omega 3 (di cui voi già, in quanto miei lettori, so che non potete fare a meno.. come perché?? leggi qua!!).
Ok, questo per i bipedi mi direte, ma per i nostri cani e gatti, cosa possiamo fare? Nel cane è possibile utilizzare una dieta ricca di grassi, sopratutto MCT, con il giusto apporto proteico, povera di carboidrati e comunque con il minor indice glicemico possibile. Indurre chetogenesi nel cane è in realtà molto più difficile che nell’uomo: il cane, proprio grazie alle sue ascendenze carnivore e cacciatrici, ha una maggiore resistenza al digiuno e alla produzione di corpi chetonici. In realtà, dai pochi dati di ricerca che abbiamo e dalla mia esperienza clinica, sembra che la dieta sia efficace nonostante questo scoglio iniziale. Dobbiamo prestare un po’ di attenzione però quando andiamo a preparare una dieta chiamiamola “simil-chetogenica” : squilibri nutrizionali, deficit di nutrienti, pancreatite, obesità, problemi intestinali vari dovuti alla alta % di grassi sono solo alcune dei possibili effetti collaterali se la dieta non viene stilata e applicata con metodo (fatevi aiutare a formularla!!). Nel gatto non abbiamo per la verità indicazioni per il momento, ma non escludo, anzi, mi sembra molto probabile – anche secondo la mia esperienza clinica – che il ragionamento possa essere sovrapponibile a quello del cane.
Dieta per cani epilettici: dalla (poca) scienza a me
Come dicevo sopra gli studi sono ancora pochissimi in questa direzione: epilessia e dieta ancora non sono stati approfonditi a dovere come argomenti strettamente interconnessi in Medicina Veterinaria. Per dirvela tutta, i pochi studi presenti (che trovate citati in fondo al post se vi interessa), non usano un’alimentazione fresca, ma partono piuttosto da un alimento commerciale che viene poi modificato e integrato a dovere. Vi sembra deprimente? a me sì. Purtroppo in Medicina Veterinaria abbiamo serie difficoltà a farci entrare nella zucca che un alimento commerciale non può essere paragonato ad un fresco e i dati raccolti non possono essere estrapolati dal contesto industriale di partenza. Come dire, i risultati saranno riassumibili in “risulati di una dieta commerciale secca opportunamente integrata nel trattamento dell’epilessia del cane“, mentre vengono piuttosto riportati come “risultati della dieta nell’epilessia del cane“. No, scusate, ne passa di acqua sotto i ponti fra un alimento secco e uno fresco! ? Comunque, non apriamo polemiche e vediamo cosa vi posso proporre..di fresco, partendo dalle basi scientifiche nutrizionali che abbiamo disponibili! ?
La dieta che io utilizzo e consiglio in corso di epilessia del cane è una dieta strettamente NO CARB (quindi senza fonti di gludici complessi, come riso, pasta, pane, patate etc.), ricca di alimenti proteici come carne, frattaglie, uova, a moderato apporto di fibre, bilanciata con grassi a media e corta catena (abbreviati in MCT e SCFAs), integrata con acidi grassi essenziali omega 3, vitamina E, vitamina C e – dove possibile – curcuma. Possiamo chiamarla una BARF-modificata diciamo.
Sì, ma .. funziona? Come funziona?
Come vi dicevo non abbiamo molti dati in Medicina Veterinaria, ma in Umana si calcola che circa 2/3 dei pazienti rispondano in modo positivo alla dieta chetogenica, diminuendo intensità e frequenza delle crisi epilettiche. Pur non avendo dati per il cane, vi stimolo comunque a provare, facendovi seguire come vi dicevo, per evitare problemi e carenze: la vita del vostro Amico potrà solo migliorare, non conosciamo le percentuali statistiche, ma anche se non rientrasse in quella classe di pazienti epilettici che migliora con la dieta.. avrà certamente una vita più appagante con una dieta fresca! ?
Quali sono i meccanismi ipotizzati per spiegare l’effettività della dieta chetogenica? in effetti fino a relativamente poco tempo fa si brancolava nel buio. Attualmente, un filone di ricerca abbastanza importante, considera l’epilessia come il frutto (e a sua volta la causa) di uno squilibrio intestinale.
Per molto, troppo tempo, la logica cartesiana ha prevalso, spingendoci a considerare ogni distretto del corpo (nostro e dei nostri Amici) come pezzi di una macchina: stringo qui, allento lì.. fare il medico delle volte viene ridotto ad un mestiere quasi idraulico (senza nulla togliere alla categoria idraulici, sempre siano lodati!). In realtà, diversi studi hanno dimostrato come un danno al cervello provochi in seconda battuta un danno gastro-enterico e viceversa, un danno gastro-enterico può essere evidenziato a livello cerebrale ed esitare in un danno. Il meccanismo patogenetico alla base dell’epilessia, così come per molte altre patologie, potrebbe essere quello di un’infiammazione intestinale cronica.
Oltre al rapporto diretto però fra le strutture gastro-enteriche dell’ospite (cane) e il cervello, un altro “organo” deve essere considerato. Tutte le nostre superfici, compresa pelle e mucose, incluso il tratto gastro-enterico, sono colonizzate da migliaia di batteri, virus, protozoi e funghi che compongono il microbiota di quell’individuo. Questa popolazione NON può essere banalmente divisa in buoni vs cattivi! Si tratta piuttosto di un equilibrio dove le diverse famiglia sono rappresentate in modo più o meno importante. Come abbiamo visto qui, il microbiota cambia a seconda dell’alimento ingerito (come ovvio), tanto che potremo riassumere dicendo che l‘alimento deve diventare il nostro mezzo di colloquio e scambio con questo “organo” del loro corpo!
Il continuo colloquio fra microbiota, intestino e cervello presuppone che: il microbiota aiuti l’organismo a mantenersi sano, modulando l’assorbimento di alcune sostanze fondamentali come triptofano e altri amminoacidi precursori di neurotrasmettitori cerebrali. Le interconnessioni sono così tante da far venire il capogiro! Vi basti pensare, ma è un’estrema semplificazione, che una disbiosi intestinale (quindi un’alterazione di questa microflora) può provocare un diminuito assorbimento di triptofano, che a sua volta potrebbe essere coinvolto nei meccanismi paogenetici dell’epilessia. La disbiosi a sua volta potrebbe essere causa, ma anche effetto, di un’infiammazione cronica intestinale come ci dicevamo prima.. insomma… siamo Uno! ?
Conclusioni
Per darvi una conclusione al discorso di stasera cerchiamo di tirare le somme. La dieta è sicuramente uno dei parametri che dovete cambiare se avete un cane con anche solo una crisi epilettica alle spalle. Attualmente non abbiamo molte informazioni in Medicina Veterinaria, ma a differenza di quello che accade nell’uomo, una dieta “simil-chetogenica” nel cane a base di alimenti freschi potrebbe essere non solo una buona opzione terapeutica, ma un regalo di vita che gli fate. Nell’uomo questa dieta produce un miglioramento in circa 2/3 delle persone, anche senza dati certi una prova credo sia bene farla! ?
La dieta, se ben fatta, non ha effetti collaterali ed è di facile gestione. Se il vostro cane è sotto farmaci sarà necessario un monitoraggio particolarmente attento, motivo per il quale nutrizionista e neurologo o medico di base dovrebbero sempre lavorare in stretto contatto. [No, non vi ho scritto il perché nell’articolo, non è che vi sia sfuggito, ma il discorso è abbastanza complesso e tutto in un post non posso metterlo ? ]
ps. Il dr. Hahnemann, tanto criticato, anche in questo ci aveva visto lungo, sostenendo già più di 200 anni fa che uno dei compiti fondamentali del medico è allontanare dal malato le cause di malattia, ovvero quegli eventi esterni ostacolo alla guarigione. ?
Fonti:
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