Leggende metropolitane sull’alimentazione naturale: troppe proteine, ossa, erba e onnivori vs carnivori

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Un paio di settimane fa, per divertirmi, ho lanciato un piccolo quesito, un sondaggio in due gruppi di alimentazione BARF per cani e gatti: quali sono le leggende metropolitane sull’alimentazione di cane e gatto che vorreste chiarire? vediamolo assieme, perché è troppo divertente ascoltare i proprietari dei miei pazienti che ogni volta me ne raccontano una nuova! ?



Leggende metropolitane, dubbi amletici, quesiti esistenziali.. quando ci si allontana dal seminato, spesso si viene travolti da un’incredibile numero di paure. Scoraggiarsi è facile, lo capisco, ma anche semplicemente orientarsi delle volte non è semplice. Vediamo assieme i quesiti che sono stati più votati in questi due bei gruppi – questo e questo, che vi consiglio di frequentare se siete interessati a una dieta naturale, non fosse altro perché dalla vostra corretta informazione derivano tante delle vostre scelte.



Troppe proteine fanno male a cane e gatto FALSO


Una variante o il sottointeso di questa leggenda metropolitana è “troppe proteine fanno male al rene di cane e gatto“. Oppure “questo mangime è troppo carico” (ma che è?? un camion da trasporto pesante?? Oppure carico come una pistola?? ? ) Sostanzialmente FALSO, o almeno non abbiamo studi che certifichino che sia vero. Da dove viene allora questa confusione, che regna sovrana anche fra colleghi?


Pare ovvio rispondere “dalle ditte mangimistiche che ci lavano il cervello”, ma forse è troppo semplicistico. Sicuramente le ditte che producono cibo commerciale hanno più di una buona ragione per alimentare cane e gatto con diete ad alte % di carboidrati. Prima fra tutte una ragione tecnologica, vale a dire le crocche con meno del 35-40% di carboidrati (non grano, carboidrati) non si possono ancora fare. Gli estrusori hanno bisogno di carboidrati – in effetti una crocca è molto simile per processo produttivo ad uno dei nostri cereali della mattina o ad una patatina fonzie: sono cereali “soffiati”. (Leggi qui per sapere come orientarti nella scelta delle crocche)


Seconda ragione ovviamente sono i costi: 1 kg di materia prima cereali costerà molto meno che 1kg di materia prima proteica al produttore. Per la logica di massimizzazione dei profitti quindi, conviene produrre con meno proteine possibili.


Si, ma questo non spiega perché “si dice chedanneggiano i reni. Per spiegarvelo devo fare una piccolissima premessa sulla ricerca scientifica. Anche se a noi come pazienti e ai medici ancor di più ci piace pensare alla ricerca scientifica come qualcosa di statico, monolitico, inattaccabile e sicuro, un’ancora di salvezza nel mare dei dubbi, la realtà è che la vera ricerca scientifica è fatta di statistica (nella maggior parte dei casi è così) e calcolo delle probabilità, basata su piccoli piccoli mattoncini accumulati poco alla volta. Non è una scienza esatta dove saltano fuori risultati bianchi o neri (ci piacerebbe lo so!).


Alcuni dei piccoli mattoncini della ricerca che ci interessa in questo caso, sono i marker di danno renale. Cosa sono dei marker? sono dei valori misurabili in sangue o urine che sono stati messi statisticamente in correlazione con la progressione dei danni e/o dei segni clinici. Quale è il problema dei marker? che molte volte viene confuso il marker di danno renale con qualcosa che causa il danno. Indovinate a cosa sono legati principalmente i marker di danni renali? ? Al catabolismo proteico ovviamente! ?


A partire dagli anni 80-90 sono stati compiuti alcuni studi (pochi, non pensate) su ratti, cani e gatti nefrectomizzati (cioè a cui era stata asportato o distrutto almeno il 75% del parenchima renale per mimare un’insufficienza renale.. poveri! ? ). I dati raccolti sono più o meno questi riassunti: si, nei ratti nefrectomizzati, se noi riduciamo l’apporto proteico, abbiamo una riduzione di quei marker di progressione di danno renale (certo, sono legati al catabolismo proteico!). I risultati nei cani non erano così chiari: aumentano alcuni marker come la velocità di filtrazione glomerulare, ma non altri. Gli studiosi concludevano dicendo che non avevano trovato evidenze per dire che un alto apporto proteico danneggia ulteriormente il rene già malato. E i gatti? Beh, risultati contrastanti, ma negli anni 80 uno studio dimostrava che una dieta con alto tenore proteico non aveva nessun effetto apparente negativo su gatti nefrectomizzati e anzi, aumentava il loro consumo di cibo, fattore essenziale nei pazienti con patologia renale cronica che come sappiamo tendono a mangiare sempre meno.




Il gatto è per natura un carnivoro stretto

Come mai questi risultati sono alquanto dubbi? Per diverse ragioni. Certamente uno dei punti problematici è la somministrazione in toto di diete commerciali che avevano sì % diverse di proteine, ma anche altre componenti diverse. In questo caso non è ovviamente possibile “incolpare” le proteine della dieta di alcuni segni clinici. Non solo. Altro problema è l’orrore del danno sperimentale. Gatti nefrectomizzati in laboratorio riflettono la realtà clinica di gatti di casa? (non rispondo e stendo un velo pietoso e di rabbia).


In ogni caso, NESSUNO studio ha mai dimostrato che un’alta % proteica possa in alcun modo danneggiare un organismo, in generale, o il rene, in particolare, di un animale carnivoro. Scrive Andrea Fascetti, diplomata American College Veterinary Nutrition e autrice del libro “Applied Veterinary Clinical Nutrition” :




Come risultato di alcune nuove ricerche, non vi è alcun rinnovato interesse nel ruolo, semmai ci sia stato, della restrizione proteica sulla proteinuria e sulla progressione della malattia renale cronica. Gli effetti della restrizione proteica dietetica sulla proteinuria in cani e gatti con malattia renale cronica non è chiara. […] Non vi è mai stato alcun report sugli effetti della restrizione proteica dietetica e della proteinuria in cani con malattia renale cronica.



Quindi, alla data odierna, non abbiamo dati per dire SE e QUANTO una riduzione proteica possa RALLENTARE la progressione del danno renale una volta che questo sia presente. Di certo non esistono studi che dimostrino che un rene sano di carnivoro venga danneggiato da “troppe” proteine. Al momento attuale, una restrizione proteica viene consigliata dalla scienza, solo nei casi molto avanzati dove sia necessario diminuire la quantità di cataboliti azotati (i prodotti di scarto delle proteine) per limitare la così detta sindrome uremica, dovuta proprio al loro accumulo, e per limitare l’assunzione di fosfati, anche essi dannosi per l’organismo, che un rene molto danneggiato non riesce più ad eliminare. Questi consigli sono formulati però non sulla base di studi scientifici chiari, che paragonino un’alimentazione fresca dove il valore biologico delle proteine è naturalmente più alto di un commerciale (alto valore biologico = meno scarti = meno danno), ma sempre sulla base di alimenti industriali formulati per pazienti renali o meno (stesso problema di prima: alimento in toto vs modifica di una sola variabile).



 Insomma… molti condizionali, molti dovrebbe, sembrerebbe che ..e poche certezze! se vi sembra un discorso articolato e complesso, ora capirete perché alcune volte non è così chiaro  neanche per colleghi veterinari che magari semplicemente vi consigliano una “dieta commerciale renale” che ha effettivamente dimostrato di migliorare e allungare la vita rispetto a pazienti che mangiano diete commerciali normali. Insomma: siate clementi!

Ma gli ossi di pollo uccidono! lo dicono i veterinari  FALSO/VERO



Esempio di ossa pericolose: delle ossa nude (cioè senza polpa) di pollo, cotte.

Risposta: VERO ma FALSO. O FALSO ma VERO. Beh, perché no, è vero. Capisco i colleghi cui sono arrivati cani perforati anche con ossa di pollo. Il grosso problema, come tutti i barfer sanno, sono la cottura e l’assenza di carne attorno all’osso. Durante una dieta BARF si danno infatti Ossa Polpose crude, cioè ossa ricoperte di carne. Inoltre NON si danno tutte le ossa, ma solo alcune, quelle meno dure e più facilmente digeribili e vengono introdotte in modo graduale per dare modo al nostro Amico di imparare a digerirle.


Si, ma è vero quindi che dare ossa possa in linea teorica causare un perforazione? SI! Anche libri di Nutrizione clinica del cane e del gatto affermano che “anche se il rischio teorico di fratture dentarie o perforazioni permane, la possibilità che succeda usando ossa crude è minore delle ossa cotte“. Cioè, dando OP non eliminiamo al 100% il rischio che succeda. (Vedi qui rischi della BARF e come gestirli)


Quindi, come sempre, stimolo chi mi legge a ragionare in termini di riduzione del rischio e non di eliminazione. Sappiamo quale è il pericolo? Perforazione. Bene. Sappiamo come ridurlo? dando solo determinati tipi di OP, sempre crude e sempre con carne attorno. Con queste misure possiamo eliminare il rischio al 100%? No. Ovviamente se non vogliamo avere rischi del tutto NON dobbiamo dare OP. Ma certamente, usando quelle semplici misure cautelative, diminuiamo di molto la possibilità che questo pericolo si avveri. E garantiamo al nosto cane un’alimentazione più vicina ai suoi bisogni nutrizionali ed etologici, appagante e completa.


Questa è la vita. Chi non risica non rosica, mi diceva mia nonna. Quindi, rischiamo coscientemente, prendiamo tutte le precauzioni del caso, ma la possibilità, seppur remota (lo dimostrano anche se in modo non statistico il numero di persone che si approcciano alla BARF) della perforazione permane.


Quindi: informatevi MOLTO bene prima di iniziare. La BARF è facile, ma non è per tutti. Non è specialmente per quelle persone superficiali e frettolose, che vogliono “fare” senza “pensare”. Oppure, se non vi sentite in grado fatevi seguire al principio. In pochi mesi camminerete da soli, potete starne certi! ?



È normale che il cane mangi erba come una capretta VERO/FALSO



Hai un cane o una capra? ?

Risposta: FALSO. Premessa: cosa intendete voi per “normale”? perchè se normale vuol dire “può succedere a tanti” la risposta è vero, si, può succedere a molti. Se però normale per voi vuol dire “indicatore di buona salute”, la risposta è no non lo è! Ho sentito diverse volte questa bufala su siti barfer e credo nasca dalla confusione fra normale inteso come comune oppure come segno di buona salute. Frasi tipo “durante la primavera quando ci sta l’erba fresca è normale che ne mangino” ..beh, sono davvero cavolate. Ma che avete a casa, una capra o un cane? ? In alcuni casi effettivamente possiamo vedere cani mangiare erba senza accusare sintomi di malessere, ma sono sporadici e legati molto ai singoli individui. Se ripetuto, se richiesto con insistenza, se ricercano erba sul terrazzo nei vasi.. no, quello non è “normale”.


Sia ben chiaro: se il vostro cane mangia erba non vuol dire necessariamente che abbia una patologia grave, quello no. Anzi, non vuol dire neanche che abbiamo una patologia! Ma da qui a dire che sia normale ce ne passa! Mangiare erba può essere associato a diverse patologie del tratto gastroenterico, dalla banale gastrite a patologie più gravi. La causa più banale? insufficiente apporto di fibre con la dieta. Il vostro amico le cerca da sé perché ha nausea o avverte una sensazione di malessere. Ora, io mi domando, perché non migliorare la dieta in modo da togliere quella sensazione di malessere? ? Basta poco, che ce vo? Poi, ovvio che se lo fa una volta ogni tanto non succede nulla, non ha nessun significato clinico, ma il comportamento ripetuto a me fa sorgere qualche domanda, per la serie, cosa posso migliorare? ?



Il cane è un onnivoro FALSO


Allora, partiamo dal vocabolario Treccani. Che definizione ci da della parola onnivoro?



onnìvoro (meno com. omnìvoro) agg. [dal lat. omnivŏrus, comp. di omni– «onni-» e –vorus «-voro»]. – Propr., che mangia ogni cosa, che si nutre di qualsiasi cibo. In biologia, di animale che (a differenza del carnivoro e dell’erbivoro) si nutre di alimenti di origine sia animale sia vegetale; anche come sost.: il topo è un o.; le abitudini alimentari degli onnivori.

Wikipidia, da parte sua ci ricorda che “Il nome “onnivoro” deriva dall’unione delle parole latine omnis (tutto) e vorare (mangiare), quindi significa “colui che si nutre di tutto” e che “la classificazione della dieta di un animale come “onnivora” non si basa sull’assunzione sporadica di sostanze diverse da quelle presenti abitualmente nella dieta.”


Ora, noi abbiamo un piccolo problema. Il problema si chiama domesticazione. Questo lungo processo di convivenza fra la nostra specie e quella che era inizialmente il Canis lupus, ora diventato Canis lupus familiaris, cioè il cane. Più di 10mila anni assieme, includendo il processo anche di selezione delle razze, hanno ovviamente portato a delle enormi differenze morfologiche fenotipiche fra cane e lupo. Alcuni studi hanno dimostrato come sia stata la domesticazione a selezionare individui in grado di digerire gli amidi, tramite una produzione pancreatica più o meno intensa di enzimi amilasi. In un epoca in cui la carne era destinata ai ricchi è molto probabile che i cani siano stati spinti dalle situazioni contingenti verso alimentazioni più variate del suo antenato. Per sopravvivere.




Le mille sfumature del Canis lupus familiaris

Nonostante questo, il cane è ancora molto simile al suo antico progenitore. Se paragonato con l’uomo, il cane ha infatti molte più cellule olfattive e molte meno dedicate al gusto: deve trovare la preda con l’olfatto e non ha bisogno di un articolato senso del gusto come l’uomo per distinguere ad esempio piante velenose da commestibili. Ha una bocca con lunghi canini, molari e premolari appuntiti fatti per schiacciare, non ha denti adatti allo schiacciamento della cellulosa nè amilasi salivari. Ha un pH gastrico tendenzialmente molto più acido rispetto a quello di un onnivoro come il maiale: fra 1 e 2 nel cane contro 2 – 3,5 dei suini. Ancora più interessante, il rapporto fra lunghezza del corpo e dell’intestino tende ad essere molto basso per gli animali strettamente carnivori come il gatto (1:4), si alza per il cane (1:6), un onnivoro come il suino ha un rapporto di 1:14 per arrivare fino ai ruminanti che hanno un intestino più ungo ancora (1:20). A cosa serve un’intestino lungo? Al difficile processo di conversione della proteina vegetale in proteina animale. Insomma: dalla bocca all’ano l’anatomia del cane ci dice di essere un carnivoro.


Anche alcune differenze enzimatiche dimostrano la natura carnivora dei cani. Ad esempio i cani non hanno, come abbiamo detto, amilasi salivari e non tutte le razze e gli individui di cane hanno le amilasi pancreatiche. Alcune razze più vicine al lupo hanno in modo abbastanza frequente carenza di geni che codificano per le amilasi. La capacità di utilizzo degli amminoacidi per produrre gli zuccheri necessari all’encefalo (tutti i cervelli di tutti gli esseri vanno a zucchero) è inoltre nettamente migliore nel cane rispetto agli onnivori. I cani hanno fabbisogni di ferro e calcio molto più alti rispetto all’uomo. Ferro e calcio dove si trovano in natura? sangue ed ossa. I cani hanno anche un catabolismo proteico molto più efficiente degli onnivori e, come abbiamo visto sopra, sostanzialmente nessuno studio ha mai dimostrato che un eccesso proteico possa danneggiarli. Insomma.. diciamo che anche su questo permangono pochi dubbi.




La vista dei gatti viene danneggiata dall’assenza dell’amminoacido taurina, non essendo in grado di sintetizzarla se non introdotta con fonti proteiche animali

Come sempre in natura però i bianco-o-nero non esistono, ma piuttosto abbiamo infinite sfumature. Mentre il gatto è infatti un carnivoro stretto, cioè ha un’elevato fabbisogno proteico minimo, ma ha anche necessità di altri amminoacidi (taurina) o composti di origine animale (acido arachidonico, retinolo), il cane no. Il cane ha infatti almeno in parte la capacità di convertire e auto-prodursi composti che il gatto deve necessariamente assumere con la dieta. Per questo, la definizione più comunemente adottata per il cane è quella di carnivoro opportunista.


Tornando alla definizione Treccani sopra però qualcuno potrebbe argomentare che “cani e gatti ormai sono abituati a mangiare cereali“. Senza dubbio vero. Purtroppo gli ultimi 40-50 anni di dieta industriale hanno portato anche un carnivoro stretto come il gatto ad assumere alte dosi di carboidrati. Idem il cane. Ma.. questo vuol dire che gli faccia bene? Questo vuol dire che nel lungo termine noi possiamo assicurare che non farà danni? Ripenso alla “mucca pazza”, causata da somministrazione di farine animali ad Esseri erbivori come le vacche. La somministrazione giornaliera di farine, cereali o altri amidacei ci dà il permesso di “spostare” un Anima-le classificato scientificamente come appartenente all’Ordine Carnivora ad un altro Ordine?


Io direi di no.. ?



Per questa settimana ho dato, come si dice ?  ma sono uscite altre domande carine: il sale va dato o no a cane e gatto? È vero che vanno date solo un tipo di verdure a pasto? l’olio di fegato di merluzzo è un toccasana o no? Mangiare carne renderà aggressivo il mio cane? ? Prometto di rispondere prima o poi, son simpatiche.. e comunque, alcune di quelle che mi hanno riferito i miei clienti nel confessionale erano meglio! ? fortunati voi che ho la memoria corta eh eh eh ?




Fonti: 




  1. Adams, L.G., et al., Effects of dietary protein and calorie restriction in clinically normal cats and in cats with surgically induced chronic renal failure. American journal of veterinary research, 1993. 54: p. 1653-1653.

  2. Adams, L.G., et al., Influence of dietary protein/calorie intake on renal morphology and function in cats with 5/6 nephrectomy. Laboratory investigation; a journal of technical methods and pathology, 1994. 70(3): p. 347-357.

  3. Polzin, D.J., et al., Influence of reduced protein diets on morbidity, mortality, and renal function in dogs with induced chronic renal failure. American journal of veterinary research, 1984. 45(3): p. 506-517.

  4. Robertson, J.L., et al., Long-term renal responses to high dietary protein in dogs with 75% nephrectomy. Kidney International, 1986. 29(2): p. 511-519.

  5. Axelsson, E., et al., The genomic signature of dog domestication reveals adaptation to a starch-rich diet. Nature, 2013. 495(7441): p. 360-364.

  6. Fascetti, A.J. and S.J. Delaney, Applied veterinary clinical nutrition. 2012: John Wiley & Sons.